Pelliccia, accessori e moda: l'uso della pelliccia nel Medioevo

Posted by on September 23, 2015 . 0 Comments.

A Genova le navi che attraccavano al porto favorirono il commercio delle pellicce. (Gli archivi della città parlano spesso di questa moda: ecco, per esempio, come si lavavano le offese: “Nel 1214 Giordano delle isole, avendo insultata, percossa e intaccata nell’onore certa Giustetta, per riparare al malfatto, promette, mediante atto legale esteso al notaio Pietro Ruco, di regalare all’offesa una bella pelliccia e quindi una ricca veste foderata di pelli di coniglio…”. Anche a Genova le leggi “suntuarie” perseguitavano l’eccessivo sfoggio di pellicce di valore: ogni sposa non poteva avere nel suo corredo più di due pellicce di vajo, un manto foderato e un manto di pelli ).

D’inverno era permesso portare al collo pelli di volpe, di faina, ma non di ermellino, riservato esclusivamente ai notabili, agli ambasciatori, ai grandi cittadini inviati in legazione al Papa o ai re o agli imperatori, agli ecclesiastici di alto linguaggio. Ma ecco quello che venne stabilito, sempre a Genova nel 1613: “Si proibisce alle donne si portare … in qualsivoglia maniera pellicce di zibellino in roba anche per fodera di veste”. E la pena in caso di trasgressione? “Le donne, per la prima volta, abbiano la pena di forestazione, restino chiuse in casa tre mesi, e quattro la seconda, non possino in questo tempo ricevere visite, fuorché  di parenti di primo grado sotto pena di scudi venticinque o cinquanta, anche a chi farà visita; ogni una delle inosservanti dovrà apportare anche la spesa giornaliera di quattro soldati posti a guardia della rispettiva casa”.

Davvero un sistema originale per punire i peccati di vanità, che, tuttavia, erano benevolmente concessi alle sposine novelle le quali, per soli quattro giorni dopo il matrimonio, potevano sfoggiare pellicce di lusso senza incorrere in nessuna pena.

Gli immensi guadagni accumulati dai pellicciai in questi secoli non andarono però tutti a finire nelle loro casseforti. Essi erano tenuti a dare sostanziosi contributi, e li davano volentieri, alle opere di interesse pubblico, e specialmente alla Chiesa. La costruzione delle più belle cattedrali d’Europa è dovuta anche alle notevoli offerte dei pellicciai. Nel Duomo di Chartres, nelle stupende vetrate che illustrano la vita, di Carlo Magno, appare un commerciante di pellicce che offre la sua mercanzia; una scena analoga e riprodotta nelle vetrate della primaziale di Bourges. E così, a dispetto di tutte le leggi restrittive (a Firenze si giunse anche a permettere alla dame l’uso di pellicce di lusso solo a condizione che fossero marcate dal Governo, dietro pagamento di una tassa piuttosto pesante), la pelliccia conobbe lunghi secoli di successo, dimostrando ancora una volta che il gusto e il lusso possono essere considerati più forti delle stesse leggi dello Stato.Nel secolo XVII il manicotto, citato da Tiziano, diventa di gran voga e utilizza e utilizza le pelli più pregiate, mentre nel secolo successivo gli abiti femminili molto eleganti hanno alti bordi di pelliccia; in Inghilterra vanno di moda mantelli di seta con altissime balze di volpe da accompagnare ai grandi manicotti.Nel corso del 1800 il commercio delle pellicce può finalmente approfittare di quella e propria miniera costituita dal Nord America, si hanno manti foderati di ermellino, ricche guarnizioni in fondo ai mantelli, baveri, mantelline, profilature di pellicce preziose; le balze di pelli coprono ormai circa la metà della sottana; sono di voga grandi mantelli foderati e guarniti di lontra e castoro; le guarnizioni si moltiplicano in due o addirittura tre bordi di pelliccia; la martora; lo zibellino e l’ermellino sono diffusissimi. L’apice è stata raggiunta poi a metà del 1800, poi l’uso della pelliccia scenderà e si rifà viva nel 1900.

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