Già tra fine ottocento ed inizi novecento, in Francia, le signore potevano contare su importanti atelier di pellicceria, e le creazioni erano presentate non più da manichini ma indossate da modelle. All’immenso successo che la pellicceria ebbe dalla fine ottocento fino all’inizio della Prima Guerra Mondiale, contrassegnato da un’eclatante creatività, ricco di lavorazioni fino allora inedite, contribuì certamente la sezione pellicceria dell’exposition Universelle di Parigi del 1900: una vera corsa al lusso.
Non è quindi un caso che la sezione della moda nell’exposition Universelle di Parigi fosse sotto l’egida di Madame Paquin, la prima donna che nel mondo della moda ha raggiunto fama internazionale e che, proprio in quell’occasione, ha presentato uno straordinario mantello in stile Princesse realizzato con 300 pelli di visone canadese. Con ogni probabilità i pellicciai presenti capirono che il palcoscenico era eccezionale e l’occasione unica, soprattutto si resero conto che il loro prodotto poteva imporsi.
In realtà la pellicceria già interpretava la moda e inoltre le sartorie, inserendo nelle collezioni capi di pelliccia, sembravano non solo dare man forte al settore, ma testimonianze concrete come zibellini, martore, visoni ed ermellini sembrano abbiano stimolato la loro creatività al pari di sete e velluti. Insomma in questo periodo ci fu l’abbraccio con le tendenze moda, ed a Parigi cominciarono a proporre regolarmente capi in pelliccia nelle loro collezioni stagionali.
Affermare che l’esposizione Universale costituisce il lancio della pellicceria, che si appresta a vivere una stagione assolutamente dorata, è senza dubbio riduttivo; in genere le grandi manifestazioni hanno il duplice scopo di “tirare le somme” e fingere da propulsore.
Il gran successo della pelliccia con l’inizio del novecento è sicuramente frutto di una serie di prodotti. Fra tutti il mantello di pelliccia, (un capo lungo con il pelo all’esterno), è assolutamente giovanissimo, costituisce una importante novità, messaggio in quell’epoca di ricchezza e seduzione.
Inoltre il manicotto, che poteva includere anche la testa e la coda dell’animale, fu un elemento di eleganza quasi insostituibile. Manicotto che veniva accompagnato al colbacco alla russa, in particolare, in chinchillà.
Inoltre in ogni occasione non potevano mancare bordure in chinchillà su colli e polsi, mentre lo zibellino e il visone ornavano le giacche corte e le stole.
Le signore affrontano il passaggio dall’ottocento al novecento protendendo il seno, serrando la vita fino a soffocare ed arricchendo il dietro fino a dismisura, la linea a “S” segna il passaggio al novecento.
In questo periodo le voglie e i desideri crescono, le conseguenze sono fra le più ovvie: salgono i prezzi e la creatività dei conciatori è sottoposta a sollecitazioni continue, la voglia di moda e di pelliccia sembra non avere più limiti. Nel primo decennio del novecento vengono alla luce le novità come l’ermellino e soprattutto la lontra, vengono elaborati i risvolti di giacchette e dei manicotti. La pelliccia registra tra il 1906 e il 1907 una sorta di svolta, comincia a farsi strada l’abitudine di adoperare anche le teste e le code dell’animale come motivo decorativo, e decade sempre più quel confine tra capo lungo e capo corto.
Le gonne sono ancora ampie e la vita strettissima: il cortissimo bolero si allunga, sul davanti, in una sorta di doppia stola che scende giù fino a sfiorare l’orlo.
Nei cataloghi di vendita, ecco apparire il petit gris imitazione ermellino: il lungo mantello sagomato è tutto bordato in renard e interamente foderato in vajo.
Tra i modelli più consueti del periodo i cappotti, di lontra e di astrakan, seguono la moda e si fanno verticali, spesso filiformi: è una tappa obbligata prima del passaggio al capo gonfio e cadente e spesso drappeggiato che caratterizzerà l’impostazione anteguerra.
Nei primi novecento la strada più lussuosa per la confezione di pellicce era quello che portava al ricamo, inoltre le lavorazioni geometriche si moltiplicavano da stagione in stagione. Sui mantelli, sulle giacche si moltiplicavano gli alamari, che avevano non solo la funzione di allacciare ma soprattutto quella di decorare, si moltiplicano anche i bottoni che si fanno più grandi e numerosi. Inoltre le cuciture sui fianchi sono realizzate osservando i corsetti dei costumi popolari.
I colli sono più piccoli, molto meno elaborati, le lavorazioni sono tutti in verticale, si passa rapidamente a geometrie elaborate: lavorazioni verticali, orizzontali, semicircolari, a spina di pesce si fondono in uno stesso capo finto a diventare quasi triangolari.
Rispetto ai giorni nostri l’uso della pelliccia spaziava in maniera cosi ampia da coinvolgere addirittura anche le bambine.
In primo luogo, a differenza di metà novecento e di oggi, questi furono gli anni degli enormi copricapo in pelliccia. Pare che le dame del primo novecento ne fossero così talmente innamorate da metterlo, talvolta, anche in casa.
Insomma, il cappello trionfa come non avverrà mai più nei decenni avvenire; cresce di stagione in stagione.
Sul tricorno si poggia un’intera pelle di ermellino: la coda sfiora la nuca, il corpo dell’animale sovrasta il cappello; di anno in anno il cappello si allarga.
Nel 1908, la moda di fondere in uno stesso capo peli corti e peli alti e bassi, di giocare di bianco e di nero, di decorare le pellicce con bottoni, applicazioni o ricami in passamaneria, codine e testine, si trasferisce sui copricapi esuberanti che raggiungevano proporzioni colossali. Le pelli si ricorrono, si incrociano, si baciano, e si intrecciano. Si hanno stagioni in cui i cappelli sono si enormi ma tanto più sembrano tali in quanto totalmente in contrasto con un busto che la moda vuole molto piccolo e del tutto privo di maniche gonfie.
Comunque nel 1914, i cappelli abbandonano la pelliccia che dal canto suo si prenderà la sua brava rivincita quando, pochissime stagioni dopo, interpreterà colli, polsi e gli altissimi bordi.
Il novecento si distingue dai giorni nostri, anche per l’uso della pelliccia tra le bambine, figlie dei ricchi borghesi. Se in queste famiglie si sono curati fino nei minimi particolari gli abiti della servitù, le divise dei domestici, (che fanno ampio uso di pellicce confezionate apposta per cocchieri e autisti) figuriamoci come era trattata la prole.
Il passaggio dal collettino al cappottino in pelliccia in questi anni fu facile e brevissimo. Quindi le bambine appartenenti alle élite fra le élite, avevano l’onore di sfoggiare le pellicce. Le pellicceria piccina ricalca infatti quella degli adulti, salvo nelle misure. In questi capi per bambina la lontra era protagonista, poteva guarnirsi di visone, oppure poteva esserci un tocco di ermellino.
Anche per loro l’astrakan di Persia si guarnisce con bottoni e passamaneria. Inoltre alle feste, e non solo, si era ben lieti di far ostentare alla piccola il Karacul bianco. I cappottini erano lineari, spesso squadrati, talvolta accostati al punto vita, soprattutto tra le bambine più grandicelle.
Dopo gli anni dieci la pelliccia diviene una abitudine adornante per le bambine tanto che sui cataloghi di vendita cominciarono ad apparire intere pagine dedicate a loro; dove oltre ai cappottini in astrakan vengono presentate anche piccole stole e manicotti.
In questi anni se la signora si stringe il manicotto, anche la sua bimba ne portava uno naturalmente a misura. Se la mamma vantava stole e mantelline, anche la ragazzina di buona famiglia aveva il suo cappottino, dall’astrakan al castoro, dalla chinchillà alla mongolia. Inoltre queste bambine portavano un berretto in pelliccia tipo marinaro, ma anche un copricapo vagamente napoleonico, quasi sempre di agnellino bianco.
Possiamo sicuramente affermare che il novecento è il secolo della pelliccia. La febbre da pelliccia sale, e Parigi rappresenta il cardine della moda della pelliccia del novecento. Infatti grazie alle proposte in pelliccia della sezione moda nell’Exposition Universelle di Parigi del 1900, si capì palesemente che la pelliccia poteva imporsi con forza in questo secolo.
La produzione, fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, vede apparire sul palcoscenico della moda tutta una serie di illustri progenitori di quella pelliccia che si dirà innovativa quando, subendo ben diverse suggestioni, verrà riproposta negli anni avvenire.
Gli anni successivi costituiscono, e non solo sotto il profilo moda, una reazione a quelli durissimi della Prima Guerra Mondiale che li avevano preceduti, stagioni che rivoluzionarono costumi ed animi e cambiarono profondamente il volto della donna. Il lusso della pelliccia viene meno, e l’abito si semplifica. In tali anni post guerra le donne indossano gonne corte fino al ginocchio, si nascondono e schiaccino il seno, e si tagliano i capelli.
La moda racchiusa tra la prima e la seconda guerra mondiale vede un ritorno alla tradizione a solidi modelli di vita, ad una femminilità dolce, riposante, in contrasto con la moda spesso folle che aveva appena esaurito il suo ciclo.
Il nuovo ciclo della moda, come vedremo, riprenderà vigore dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e dell’autarchia.
L’apoteosi anni cinquanta e i trasgressivi anni sessanta cominceranno a creare quel nuovo ciclo nella moda della pelliccia. Mentre nel ciclo precedente, la realtà della pelliccia era un desiderio…, un lusso che solo dame, principesse, mogli e figlie di ricchi borghesi potevano permettersi, il nuovo ciclo sarà sinonimo di esaltazione, di stravaganza e di firme, di confezioni per ogni tipologia di signora.